Edizione 2009
IL FESTIVAL DEL CINQUANTENARIO
Un festival di cinema non è un’opera compiuta, ma un work in progress, un cantiere aperto, una sorta di stop frame in cui si tenta di riunire, in un breve incontro, l’immagine del mondo e il mondo dell’immagine, entrambi in movimento. Evoluzione del pensiero e dell’umile fatica quotidiana, architettura che fonde insieme corpi, spazi, sguardi, atti, parole, festa che spende in pochi giorni le energie, le conoscenze e le risorse accumulate in un anno, ogni festival, pur seguendo una linea che viene dalla Storia (la sua personale, quella dell’umanità), è un evento in sé, al contempo reiterato e irripetibile.
Così si presenta anche il 50° Festival dei Popoli, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un volano internazionale, insieme punto di arrivo e di partenza del cinema documentario mondiale, e che invece, stante la crisi mondiale e il cronico deficit delle finanze da destinare alla cultura cinematografica, si trova a fare di necessità virtù, cercando di sfruttare al massimo le risorse e l’ingegno, per realizzare un programma all’altezza del suo prestigio. Le intenzioni programmatiche dello scorso anno contemplavano tre fasi diacroniche che andavano da uno sguardo verso il passato a un resoconto del presente a un laboratorio del futuro. È ciò che avverrà quest’anno. Passo dopo passo il Festival sta trovando, seppure con i mezzi limitati a disposizione, la struttura e la velocità di crociera di una manifestazione moderna, che non solo pensa ai film come oggetti da mostrare o soggetti su cui riflettere, ma s’ingegna a trovare idee e risorse per quelli a venire.
Il Passato
Nell’edizione del 2009 la voce «passato» è sicuramente la più rilevante, soprattutto perché c’è l’onore e l’onere di misurarsi con i cinquant’anni che hanno fatto del Festival dei Popoli un’istituzione unica a livello mondiale, non solo per la sua primogenitura come manifestazione unicamente dedicata al cinema documentario, ma anche per il patrimonio costituito dall’Archivio, delle cui potenzialità forse ancora pochi sono consapevoli. Chi scrive lo dice da «non fiorentino», con lo sguardo ancora «forestiero» di chi ha sempre ammirato il lascito di questo ente culturale. Cinquanta anni di esplorazione dell’umano nelle sue varie forme (psicologiche, etniche, sociali, politiche) sono la fonte cui ristorarsi prima di riprendere il cammino. La domanda “Come celebrare il Cinquantenario?” si è scontrata spesso nella nostra mente, nelle nostre discussioni, con un’altra ben più insidiosa, “Come evitare di essere autocelebrativi? Come sfuggire alla banalità?”. Non so se la risposta sarà soddisfacente, ma la cosa che per noi si presentava più eccitante, più vicina alla sfida teorica che sempre ci piace affrontare, era una rilettura degli anni in cui il Festival si è formato, del cinema che quel periodo ha prodotto, dove si fiancheggiavano il documentario classico, il nuovo cinema «diretto», la sperimentazione, la contaminazione fra realtà e finzione. La fine degli anni 50 è in questo senso un momento di grande creatività, di spinte all’innovazione, di energie e speranze che univano la teoria e la prassi. Ricordare quel periodo non è tanto un puro e semplice «amarcord» quanto una rivendicazione delle radici, di un cinema sotto il cui segno il Festival è nato e che ancora oggi conserva tutta la sua carica vitale. A rappresentarlo oggi saranno scelti non solo i titoli che col passare degli anni sono diventati i «cult movie» del genere, ma anche quelli dimenticati o poco visti, che speriamo entusiasmino gli spettatori così come hanno fatto con noi.
La commemorazione dei cinquanta anni del Festival non si ferma tuttavia qui. Essa ha infatti già avuto un importante anticipo nel maggio scorso, quando, nella prestigiosa sede dell’Anthology Film Archives di Jonas Mekas, in occasione della seconda edizione newyorkese del Festival dei Popoli (New York Documentary Film Festival), alla presenza di un maestro del cinema «diretto» come Albert Maysles, è stata presentata un’antologia dei film dell’Archivio. E continuerà attraverso altre iniziative: la mostra di «memorabilia» del festival (foto, manifesti, video e materiali vari) raccolta attingendo all’Archivio e soprattutto ai ricordi della gente di Firenze, che si terrà durante la prossima edizione del Festival; il restauro di una pellicola dell’Archivio che verrà presentata alla fine della Cinquanta Giorni di Cinema Internazionale a Firenze.
Punto forte di uno sguardo retrospettivo sarà poi la personale dei film di Thomas Heise, il cineasta tedesco che ha, con maggior cura e determinazione, documentato il passaggio di consegne dalla Germania della RDT alla caduta del muro e alla successiva riunificazione. Nato nel 1955, il regista è stato per anni oggetto di violenta censura da parte degli organismi cinematografici ufficiali. Solo negli ultimi anni è stato possibile vedere i suoi primi lavori e ricostituirli su altri formati dopo che i negativi originali erano stati distrutti. La sua opera più recente, il pluripremiato Material (primo premio al FID Marseille 2009) è un’opera straordinaria, che ha attirato l’attenzione dei maggiori festival internazionali e degli addetti ai lavori. Autore di una filmografia nella quale confluiscono analisi politica, autobiografia, indagine sociologica, sperimentazione e studio ambientale, Heise, discepolo del drammaturgo Heiner Müller, affronta uno snodo di cruciale importanza per rilanciare le ragioni di un cinema che sia in prima persona e al tempo stesso proiettato all’esterno, a confrontarsi con un presente contradditorio e complesso. Per tale motivo il Festival è lieto di annunciare che, a corollario della retrospettiva Thomas Heise, peraltro presente ai dibattiti pubblici, terrà in chiusura della manifestazione un workshop teorico intensivo a numero chiuso.
Il Presente
Come lo scorso anno, la contemporaneità sarà il nucleo portante del Festival dei Popoli, centrato su due sezioni competitive e una di fuori concorso. La parte a concorso vedrà una Selezione Internazionale di lungometraggi e una Selezione Internazionali di corti. La parte non competitiva, che ha mantenuto il titolo di Stile Libero, comprenderà invece omaggi e anteprime e sarà una sorta di panorama delle tendenze attuali del documentario. Per il momento possiamo annunciare una presenza di titoli forti, alcuni in anteprima mondiale altri reduci da importanti riconoscimenti nei principali festival del mondo, con una partecipazione crescente del cinema italiano, che ci sembra in una fase di sviluppo e di allineamento agli standard mondiali.
Ogni film sarà seguito da un incontro con l’autore. Tutti i cineasti si ritroveranno insieme ogni mattina, fra le 12 e le 13, in occasione di Free Speech – Libertà di parola, un momento di incontro fra professionisti e pubblico in cui si discuterà del mondo, dei modi e delle ragioni di filmarlo.
Il Futuro
Come sempre il futuro è ancora da scrivere. Tuttavia ci sono iniziative che il Festival appoggia, convinto che in esse ci siano le risorse per sviluppare, a livello regionale, nazionale e internazionale, dei progetti cinematografici di qualità nell’ambito del documentario. In primo luogo il Fondo Cinema della Regione Toscana, che prevede il supporto finanziario alla produzione di opere cinematografiche che abbiano valore culturale e un diretto legame con l’identità del territorio. L’iniziativa va non solo verso le grandi produzioni nazionali e internazionali, ma anche nella direzione da noi auspicata, quella di una strutturazione della produzione indipendente toscana, che porti alla valorizzazione delle risorse artistiche e alla costituzione di una sorta di «cenacolo» che abbia come centro d’ispirazione il festival e come segno distintivo quel mecenatismo artistico che ha fatto nei secoli la gloria di Firenze e della Toscana. Un primo passo in tal senso è stato fatto con la collaborazione fra Mediateca Regionale Toscana e Festival dei Popoli in occasione del concorso per un documentario sul tema del viaggio da girarsi in Toscana, bandito per Play Arezzo di quest’anno, di cui è risultato vincitore Planasia. Il prossimo sarà la collaborazione con la Mediateca per la selezione dei progetti da indirizzare al Fondo Cinema.
Luciano Barisone